Confronto visivo tra Expo Milano 2015 affollato e l’area ex Expo deserta nel 2023 con il logo ufficiale al centro
da Expo 2015 piena di vita (a destra) all’area spoglia del 2023 (a sinistra)

Il 1° maggio 2015 apriva ufficialmente Expo Milano. Sono già passati dieci anni, eppure quella giornata e tutto ciò che ne seguì rimangono impressi nella memoria con una forza straordinaria. All’inizio non fu facile: polemiche, scandali, cantieri ancora aperti. Anche le manifestazioni del primo maggio, con scene di violenza e tensioni in centro città, contribuirono a dare un’immagine iniziale tutt’altro che positiva. Un esordio complicato, che lasciava presagire un evento incerto.

E invece Expo seppe ribaltare le aspettative. Nei mesi successivi, l’area si popolò sempre di più, i padiglioni iniziarono a richiamare file interminabili e la città cominciò davvero a sentirsi al centro del mondo. Alla fine, oltre 21 milioni di persone visitarono l’esposizione. Gli ultimi due mesi furono un vero e proprio assalto, con giornate in cui l’afflusso toccava numeri impressionanti.

Personalmente, ogni volta che varcavo i cancelli di Expo era per me un’esperienza incredibile.
Sapevo, dentro di me, che ogni singolo giorno passato lì non sarebbe più tornato. C’era una consapevolezza che raramente si ha da giovani: che quella magia sarebbe svanita per sempre una volta chiusa, che dopo il 31 ottobre nulla sarebbe stato più come prima. Non era come una fiera che si ripete ogni anno. Expo era unica, irripetibile. E io, allora poco più che un ragazzino, ne ero perfettamente consapevole.

Piazza Italia a Expo 2015 con Palazzo Italia a sinistra, il Cardo centrale affollato e l’Albero della Vita sullo sfondo

Ricordo ogni angolo, ogni suono, ma soprattutto certi odori.
Gli odori dell’Expo 2015 non si dimenticano facilmente. C’erano profumi che cambiavano da padiglione a padiglione: spezie, legni, cucine etniche, aromi esotici che si mescolavano all’aria con una naturalezza straordinaria. Bastava fare pochi passi per ritrovarsi catapultati in un altro continente, in un’altra atmosfera.

Struttura a torri del padiglione Svizzera all’Expo 2015, con le scritte “Ce n’è per tutti?” e le scorte di mele secche e acqua visibili
Ce n’è per tutti?”: il messaggio del padiglione Svizzera invitava a riflettere sul consumo delle risorse.

Un momento che non scorderò mai è legato al padiglione della Svizzera. Le sue quattro torri, ricolme di prodotti da prendere liberamente — acqua, caffè, sale, mele secche — trasmettevano un messaggio potente: “Ce n’è per tutti?”. I visitatori potevano prendere liberamente questi prodotti, ma man mano che le scorte diminuivano, le torri si abbassavano, rendendo visibile l’effetto del consumo. Era un invito a riflettere sulla responsabilità individuale e sulla gestione sostenibile delle risorse. Ricordo come le rondelle di mele e i bicchieri d’acqua si esaurirono rapidamente, sottolineando quanto sia facile consumare senza pensare alle conseguenze.

Nel 2016 tornai nell’area Expo grazie all’iniziativa EXPerience.
Alcuni padiglioni erano ancora lì, e sembrava, almeno inizialmente, che dovessero rimanere come elementi permanenti, secondo quanto previsto dai primi progetti. C’era ancora l’Albero della Vita, con i suoi spettacoli serali, e si respirava la voglia di dare continuità a quel luogo. Ma col tempo, anche quelle strutture scomparvero, e le idee iniziali si persero o cambiarono direzione.
Va detto, però, che una certa volontà di proseguire esisteva: proprio in quegli anni iniziarono a delinearsi i primi passi del progetto MIND, anche se ancora lontano dall’essere concretamente visibile.

Nel gennaio 2023 tornai di nuovo, questa volta per un evento ospitato presso l’ex padiglione Italia.
L’ingresso fu un’esperienza molto diversa rispetto al passato. Trovai un’area spoglia, vuota, silenziosa. Mi colpì la vastità deserta, come se tutto fosse stato dimenticato, nonostante gli innumerevoli cantieri attivi e qualche azienda presente. Mi sembrava davvero di camminare in una cattedrale nel deserto. Quel luogo che un tempo brulicava di vita ora trasmetteva solo assenza.

Oggi, dieci anni dopo, dell’Expo 2015 restano solo alcuni elementi: Palazzo Italial’Albero della Vita e qualche struttura in metallo lungo l’ex Decumano, ormai priva del tendone che un tempo lo copriva e lo rendeva iconico. Il resto è sparito, cancellato dal tempo e dai progetti di riqualificazione.

L’accesso è ancora macchinoso: si entra dalla stazione di Rho Fiera, attraverso Porta Triulza. Niente strade dirette, niente libertà di movimento. L’automobile? Vietata, a meno di permessi speciali. A piedi si arriva senza problemi — e senza più i controlli e i metal detector di allora — ma è come se quella zona fosse ancora separata dalla Milano reale, scollegata dalla vita quotidiana.

Si parla da anni del progetto MIND – Milano Innovation District – e del trasferimento dell’Università Statale.
personalemte continuo ad avere dubbi. Togliere un’università storica dal cuore della città per spostarla in una zona difficile da raggiungere, ancora in cerca di identità, rischia di isolare un pezzo importante della vita culturale milanese.

Cartello della Tangenziale Est Esterna con la scritta “Inaugurazione 16 maggio 2015”

Expo 2015 fu un potente motore di trasformazione per Milano e la Lombardia, lasciando un segno concreto in termini di infrastrutture realizzate.
Tra le opere più rilevanti si ricorda sicuramente la BreBeMi, l’autostrada che collega Brescia a Milano, entrata in funzione poco prima dell’Esposizione. Pochi giorni dopo l’inaugurazione di Expo fu invece aperta la TEEM – Tangenziale Est Esterna di Milano, con una cerimonia al casello di Vizzolo Predabissi, completando il grande anello autostradale attorno alla città.
Un altro intervento significativo fu la riqualificazione della Darsena, un progetto tanto simbolico quanto concreto, che restituì ai milanesi uno dei luoghi più affascinanti della città.
Anche Cascina Merlata venne completamente trasformata, con la costruzione del Villaggio Expo destinato alle delegazioni internazionali, poi convertito in residenze.

Accanto a queste opere, va ricordato anche un progetto che fece molto discutere ma che non vide mai la luce: il sistema dei canali navigabili. Si immaginava di collegare il sito espositivo al centro città attraverso un percorso d’acqua, unendo idealmente Expo alla tradizione dei Navigli milanesi. Nonostante l’ambizione, l’idea fu abbandonata per ragioni tecniche, politiche ed economiche.

Se guardo a quanto si era fatto per Expo e lo confronto con quanto si sta facendo per le Olimpiadi invernali del 2026, la differenza è evidente.
All’epoca c’era un entusiasmo diffuso, un’energia che coinvolgeva tutti. Oggi, quella spinta sembra molto più tiepida, e gli interventi – per quanto promessi – appaiono meno visibili e incisivi. Non si percepisce lo stesso coinvolgimento né lo stesso impatto sulle infrastrutture e sulla città.

Expo 2015 è stata una pagina luminosa per Milano, e per molti anche un’occasione di crescita personale.
Dieci anni dopo, restano i ricordi, le emozioni forti… e un’area che sta lentamente cercando una nuova identità. Il progetto MIND rappresenta un tentativo ambizioso di dare continuità a quell’eredità, anche se il percorso è ancora lungo e complesso. 

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